Lettera aperta agli elettori

Siamo ancora liberali? E’ la domanda che noi del PDL di Capraia e Limite ci siamo fatti in seguito all’approvazione dell’ultima manovra economica. Il nostro Gruppo vive un silenzioso ma diffuso disagio. Noi abbiamo deciso di rompere questo silenzio perché riteniamo fondamentale mantenere il contatto con i nostri elettori e condividere con loro le nostre idee e le nostre speranze. Chiediamo scusa fin da adesso ai vertici del PDL se questa lettera pubblica creerà imbarazzo o altro (speriamo/crediamo di no) ma il vincolo che sentiamo verso gli oltre mille cittadini che ci hanno eletto in consiglio comunale è superiore alla disciplina di qualsiasi partito. Quel vincolo morale ci impone una riflessione sui principi che ispirano il nostro operato.

Non è “colpa di Berlusconi” l’attuale situazione economica che scuote i mercati mondiali ma la manovra finanziaria appena varata deve pagare il conto, oltre che della presente crisi, per tanti errori politici e di costosi privilegi distribuiti negli ultimi quarant’anni. A nostro avviso, però, non è accettabile che la politica frughi nelle tasche “dei soliti noti” senza prima ridurre i costi propri e quelli dell’apparato pubblico.

Volendo fare un paragone con le migliori realtà, possiamo dire che negli Stati Uniti ci sono 309 milioni di abitanti, in Italia circa 61. Il Parlamento americano (Camera più Senato) è composto da 535 membri, quello italiano da 945 membri. Facendo una semplice proporzione si scopre che per avere lo stesso livello di rappresentatività che esiste negli Stati Uniti sarebbero sufficienti 106 parlamentari.
Nel 1970 in Italia, con l’elezione dei primi consigli regionali, si parlò di successiva abolizione delle province ma a quarant’anni di distanza non solo sono ancora lì ma sono aumentate di numero diventando addirittura centodieci. Riteniamo che il primo provvedimento di una qualsiasi manovra economica doveva prevedere l’eliminazione delle centodieci province (e con esse di tutto ciò che gli assomiglia – leggi circondario empolese).
Che dire poi degli 8.092 comuni italiani? Solo cinquecento di questi superano i 15mila abitanti e a nostro avviso sarebbe stato possibile accorparne gran parte ed eliminare tante poltrone di sindaco, vicesindaco, assessore e consigliere.
Riassumendo, senza far diventare l’Italia una dittatura, sarebbe stato possibile:
- Ridurre i parlamentari e i loro privilegi del 90%;
- Ridurre le regioni del 50%;
- “Ridurre” le province del 100%;
- Ridurre i comuni di oltre il 90%.

Se è vero che abbiamo un debito pubblico tra i più elevati del mondo, riteniamo doveroso per un governo varare azioni mirate non tanto a un’immediata entrata di cassa quanto a un investimento sul futuro dei nostri figli.
In termini assoluti abbiamo le stesse tasse dei paesi scandinavi ma con due differenze sostanziali:

1) lo stipendio netto che rimane in tasca al contribuente;
2) la qualità dei servizi ottenuti in cambio delle tasse.

Una breve riflessione su questi due punti.

1) Il sistema fiscale in Italia è un meccanismo iniquo. Fra tassazione diretta e indiretta più della metà delle entrate del contribuente viene versata allo Stato, il che rende l’italiano più assimilabile a un suddito piuttosto che a un cittadino. Questo vale soprattutto per i percettori di redditi da dipendente medio-basso. Infatti, se per i benestanti una tassazione ingiusta si riduce a una semplice questione di principio, per gli altri non poter disporre di più risorse finanziare fa la differenza fra potere o non potere  mantenere la famiglia, pagare il mutuo, mandare i figli all’università, pagare il dentista e così via. Per lottare contro l’evasione, si invitano i cittadini italiani a pretendere la ricevuta fiscale, ma fino a quando non verrà creato un sistema per cui il contribuente trarrà un beneficio dalla ricevuta fiscale “scaricandola” dalle tasse, non riusciremo a risolvere questa contraddizione. Bisogna ridurre il peso dello stato (e quindi le tasse) e al contempo inasprire le pene contro gli evasori.
2) Da veri liberali siamo per uno stato essenziale che deve occuparsi fondamentalmente di tre cose:
a. Sanità;
b. Scuola;
c. Difesa e Ordine Pubblico;
Non siamo tutti uguali ma ciascuno di noi ha diritto alle stesse opportunità. Se lo Stato non riesce a garantire questi tre servizi pubblici non vi potrà mai essere quella mobilità sociale che è alla base del pensiero liberale. Senza una mobilità sociale fondata sulla meritocrazia, rischiamo di tornare alle società feudali/aristocratiche pre-borghesi.

Essere liberali significa anche e soprattutto non essere dogmatici. In un’ottica liberale, molte delle privatizzazioni fatte negli ultimi anni non hanno alcun senso. Se un servizio svolto in regime di pubblica distribuzione è più economico di quello erogato da società private, dovrà continuare ad essere fornito dallo Stato. Un esempio: la tariffa dell’acqua, per colpa delle privatizzazioni effettuate negli ultimi venti anni, è aumentata a dismisura senza che ne venissero in cambio maggiori investimenti o una miglior qualità del servizio. Privatizzare un monopolio non ha senso! I prezzi non potranno che aumentare perché le società private (anche se partecipate da enti pubblici) avranno lo scopo di fare utili, è inevitabile. Come l’acqua, tutti quei servizi assimilabili ed erogati in regime di monopolio non possono e non devono essere privatizzati; prima di privatizzare un servizio o una fornitura, si deve essere certi che i destinatari del bene (i cittadini) ne trarranno beneficio in termini di maggiore efficienza e di riduzione dei costi. 

Per tutti questi motivi siamo convinti che si debba andare verso uno Stato minimo, un apparato  leggero e snello che lasci più denaro nelle tasche dei cittadini e degli imprenditori seri i quali, con nuove risorse, potranno tornare a investire, a creare ricchezza e a credere nel futuro del nostro paese. La gente vuole questo, chi non l’ha capito è fuori dai giochi.

Dunque, noi del PDL siamo ancora liberali? E lo siamo mai stati davvero? La risposta arriverà dalle scelte che il governo compirà nell’immediato, il tempo ormai è scaduto e ai buoni propositi devono seguire i fatti. Noi del PDL di Capraia e Limite crediamo ancora nella necessità di una rivoluzione liberale che, grazie alla meritocrazia, scardini i privilegi medievali delle nuove e vecchie classi privilegiate di questa Nazione. Se questa speranza, questa visione, che è da sempre nel cuore della maggioranza degli Italiani, non sarà realizzata dal PDL un giorno inevitabilmente sarà un altro soggetto politico a portare avanti questi ideali.

 

Il Gruppo Consiliare Popolo della Libertà per Capraia e Limite